LEGGI NAZIONALI E DIRETTIVE EUROPEE


DIRETTIVE EUROPEE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, a conclusione di studi specifici ed  approfonditi che considerano l’intero panorama sanitario mondiale,  propone una quadriripartizione articolata in sistemi monopolistici, tolleranti, inclusivi ed integrati. Il sistema italiano è definito “monopolitistico”, poiché è riconosciuto come lecito solo l’esercizio della medicina scientifica, con l’esclusione di altre modalità di terapia, e le medicine non convenzionali  ricevono una scarsa – se non del tutto assente-regolamentazione.
I sistemi “tolleranti” sono presenti in alcuni paesi, i quali si fondano sempre sulla medicina scientifica, ma nei quali c’è una certa tolleranza per la medicina non convenzionale.

In tale contesto, in Europa, oltre ai paesi scandinavi, hanno recentemente legiferato in materia. la Gran Bretagna, la Germania, il Belgio, la Francia e l’Olanda.
La Spagna e l’Italia si stanno attualmente muovendo verso la sponda del regime di “tolleranza”.
Nei sistemi “inclusivi”  come in India, Pakistan, Bangladesh  coesistono le varie modalità terapeutiche integrandosi  con pari dignità in tutte   le strutture sanitarie.

In Cina ed in Nepal troviamo i sistemi “integrati” dove le diverse concezioni di medicina sono poste sul medesimo piano: negli ospedali cinesi i medici delle due scuole, tradizionale ed occidentale, lavorano assieme ed i malati possono consultare tanto gli uni quanto gli altri.
Considerando, quindi, il panorama sanitario/terapeutico mondiale  ed   in  vista  –anche  nella nostra Nazione-   di una  ormai  improcrastinabile regolamentazione delle  professioni legate  alle varie Medicine  non convenzionali, non può e non deve sfuggire  all’attenzione del legislatore il  sempre più vasto  consenso  che le medesime hanno tra i cittadini italiani ed europei.

In Europa (dove gli utenti delle Medicine non convenzionali si aggirerebbero tra il 20 e il 50 % della popolazione), poichè  il livello di riconoscimento giuridico delle medicine non convenzionali varia considerevolmente da uno stato all’altro, il Parlamento europeo ha approvato il 29  maggio 1997 una risoluzione per “garantire ai cittadini la più ampia libertà possibile di scelta terapeutica, assicurando loro anche il più alto livello di sicurezza e l’informazione più corretta sull’innocuità, qualità ed efficacia di tali medicine, e proteggendoli, nel contempo, da operatori  non qualificati“.
Il Parlamento europeo chiede inoltre  alla Commissione, in particolare, di impegnarsi per il riconoscimento delle medicine non convenzionali.
Tale risoluzione è stata ribadita nel luglio 1999 dal Consiglio d’Europa che ha invitato gli stati membri a regolarizzare lo status di queste medicine in modo da garantirne a pieno titolo l’inserimento nei servizi sanitari nazionali.

L’iter legislativo in corso per adeguare la legislazione italiana a quanto sollecitato dall’Unione Europea (Direttive Europee n. 92/73 e 92/74; Ris. n. 75 del Parlamento Europeo del 29 maggio 1997: “Statuto delle Medicine Non Convenzionali”; Ris. n. 1206 del Consiglio d’Europa del 4 novembre 1999), dovrà consentire ai medici idoneamente preparati nelle singole discipline di fregiarsi della propria qualifica, competenza e preparazione professionale.  

LEGGI  e PDL NAZIONALI

PDL nazionale (C.1709/2006) per la regolamentazione delle Discipline Olistiche per la Salute (DOS)

Presentata il 27 settembre 2006

Onorevoli Colleghi! – Negli ultimi 35 anni si è sviluppato negli Stati Uniti e in Europa un vasto movimento sociale e culturale specificamente attinente alla nozione stessa di «salute», che ha ampiamente orientato l’attenzione dell’utenza verso «nuovi saperi», nuove competenze e nuove professionalità relative a quest’ambito.
I nuovi saperi espressi possono essere considerati nuovi solo se posti in relazione all’attuale prevalente modello scientifico, ma concretamente derivano da saperi spesso antichissimi (a titolo di esempio la medicina tradizionale cinese e sue derivazioni, le cure con le piante, le tecniche a mediazione corporea come lo shiatsu, eccetera), oppure da saperi semplicemente precedenti all’imporsi del modello scientifico (a titolo di esempio la scoperta delle diluizioni omeopatiche e le svariate filiazioni da essa provenienti).
Tale complesso di filosofie, tecniche e competenze si è sviluppato in questi anni in modo trasversale, influenzando mutuamente le sue componenti, traendo spunti di sviluppo ulteriore dal confronto con il modello scientifico e producendo per reazione ulteriori nuove competenze e professionalità.
Contemporaneamente l’ampio grado di accoglienza che l’utenza ha espresso verso le applicazioni di questi nuovi saperi ha prodotto anche un fenomeno di attrazione, e successivamente di reclutamento, di queste applicazioni da parte di figure professionali già esistenti e integrate, culturalmente, nell’ambito del modello scientifico (professioni sanitarie convenzionali).
Ciò premesso, per meglio comprendere l’ambito in cui si va a collocare l’attività del legislatore, che va a regolamentare le applicazioni professionali derivate da questo

insieme di saperi, deve essere sottolineato che la quasi totalità dei modelli culturali da cui provengono i nuovi saperi e le loro applicazioni non prevede minimamente una distinzione di competenza tra atto terapeutico e atto preventivo, bensì considera in genere le attività di prevenzione e mantenimento della salute come atto terapeutico proprio, mentre l’intervento sulla condizione patologica diviene continuazione, con specifiche metodologie e modalità tecniche, delle stesse logiche espresse dall’attività preventiva. Viceversa il modello scientifico/sanitario distingue chiaramente tra i due momenti riservandosi il diritto-dovere di esclusiva in merito alla terapia.
Le applicazioni tecniche di tipo terapeutico provenienti dai nuovi saperi vengono fisiologicamente acquisite dalle figure professionali già istituzionalmente abilitate alla terapia anche se, come detto, queste tecniche nascono entro un complesso applicativo che non prevede tale separazione.
Rispetto alla definizione della presente proposta di legge, inerente a discipline che costituiscono applicazione dei nuovi saperi, è importante sottolineare che questi stessi non possono essere considerati prerogativa di questa o quella professionalità, ma che i saperi in quanto tali sono da sempre patrimonio a cui hanno accesso sia le figure professionali delle discipline olistiche per la salute, sia le figure professionali sanitarie. Esemplificando, non sarà il sapere tradizionale cinese a definire la professionalità del medico agopuntore, ma sarà il campo di attività della figura professionale del medico agopuntore a definire quale aspetto delle applicazioni della medicina tradizionale cinese sarà di sua pertinenza.

1. Discipline olistiche per la salute.
Il termine «discipline», termine culturalmente differente da quelli che definiscono le professioni sanitarie, porta con sé il senso di una attività auto-educativa connessa alla pratica professionale, sottolineatura che molto bene caratterizza e unifica i postulati principali di tutto il settore. L’inserimento dell’aggettivo «olistiche» a fianco di discipline sottolinea ancora più compiutamente l’approccio al concetto di salute intesa come armonica sinergia tra le funzioni vitali naturali dell’essere umano considerato come «unico irripetibile» e non somma di parti. Da ultimo, l’uso del termine «salute», nel contesto attuale, non apre possibili terreni di confusione con le professioni sanitarie, in quanto fa riferimento allo «stato di benessere, di tranquillità, integrità individuale o collettiva» nell’accezione più ampia del termine.
2. Criteri di riconoscibilità delle discipline olistiche per la salute.
Nel testo che presentiamo ci si è posti tre fondamentali problemi attinenti alla definizione professionale di operatori che, pur non essendo sanitari, agiscono in un campo, la salute, che necessita di definizioni che siano percepite con chiarezza.
Questo, soprattutto, a fronte di una vasta area disciplinare in cui l’incrociarsi dei diversi saperi ed esperienze ha creato settori di grande ricchezza propositiva, ma a volte troppo indefiniti o indefinibili rispetto a una parametrazione chiara:
          a) il problema dell’identificazione dei limiti di attività della figura professionale, problema che alla fine si riassume principalmente nell’ identificazione del punto oltre il quale il lavoro di educazione, prevenzione e mantenimento dello stato di salute dell’utente si trasforma in intervento terapeutico;
          b) il problema della affidabilità e della coerenza della formazione, considerando che l’operatore non medico, differentemente dal medico o anche dallo psicologo, non dispone di una «base» formativa omogenea a monte (laurea di indirizzo generale), pur se, come il medico o lo psicologo, opera utilizzando talvolta metodiche anche significativamente diverse pur all’interno della stessa disciplina;
          c) la definizione delle modalità di esercizio della professione, che ha raggiunto un grado sufficiente di elaborazione e un soddisfacente grado di coerenza interna ad opera del lavoro svolto dalle associazioni di categoria.
L’individuazione dei criteri indicati ha creato una griglia interpretativa adatta a chiarire quali discipline possano da subito essere incluse nell’elenco proposto, lasciando altre ad un successivo vaglio e inclusione, laddove queste stesse trovassero una definizione migliore.
Risulta evidente che la percentuale della popolazione italiana che oggi usufruisce o provvede a queste discipline è oramai rilevante (una recente ricerca del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro ha, per esempio, posto lo shiatsu al quarto posto fra le professioni emergenti in Italia, con circa 50.000 operatori diffusi su tutto il territorio nazionale) e ciò impone al legislatore di dare certezza sia all’utente del suo diritto a ricevere prestazioni professionalmente riconosciute e certificate sia ai molti professionisti che, allo stato, pure confortati dai loro clienti, spesso si trovano a essere oggetto di confusi messaggi istituzionali, alcune volte tesi a un loro riconoscimento e altre volte all’interdizione della loro professione.

Un punto di forza di molte di queste discipline è sicuramente il lodevole lavoro svolto dalle associazioni di categoria che, in assenza di una normativa, hanno svolto un ruolo realmente supplente contribuendo a formare una mentalità, tra i professionisti e tra gli istituti di formazione, sempre più all’altezza del rapporto con i clienti. Deontologia professionale, curricula formativi, regime di garanzia assicurativa, uniformità dei setting lavorativi, formazione permanente, sono elementi costitutivi della professione a fianco dello specifico disciplinare, andando a rappresentare un comparto di lavoratori che già autonomamente hanno saputo autoregolamentarsi.
Pure nella loro diversità e notevole eterogeneità, queste discipline si riconoscono in alcuni princìpi base che le accomunano e ne sono tratto distintivo, di cui in particolare:
1) l’approccio globale alla persona e alla sua condizione;
2) il miglioramento della qualità della vita;
3) la stimolazione delle risorse naturali della persona;
4) l’educazione a stili di vita salubri e rispettosi dell’ambiente.
In questo quadro comune si innestano le peculiarità tipiche di ogni disciplina, ciascuna delle quali utilizza approcci, tecniche, strumenti e dinamiche originali e coerenti con il modello culturale, o i modelli culturali, da cui hanno preso origine.
Alcune di queste discipline si caratterizzano principalmente come «arti manuali», altre privilegiano un approccio basato su conoscenze teoriche e su una funzione di «consulenza», altre ancora uniscono i due aspetti.
Appare pertanto evidente l’importanza di una legge che regolamenti questo settore, consentendo di garantire la qualità del servizio e la serietà e l’adeguatezza dei curricula formativi degli operatori a tutela dell’utenza.
La presente proposta di legge, che sottoponiamo alla vostra attenzione, si compone di sei articoli:
l’articolo 1 definisce il concetto di discipline olistiche per la salute (DOS) e le caratteristiche dell’operatore di DOS;
l’articolo 2 istituisce l’elenco nazionale delle DOS;
l’articolo 3 istituisce la Commissione nazionale per le DOS, ne definisce i compiti e la composizione;
l’articolo 4 fissa i criteri per la formazione dell’operatore di DOS;
l’articolo 5 reca norme sul rilascio del diploma di operatore di DOS e sull’istituzione del Registro nazionale degli operatori di DOS;
l’articolo 6, infine, prevede, come norma transitoria, il riconoscimento di titoli pregressi a professionisti in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge nonché delle eventuali iniziative di formazione in corso alla data di entrata in vigore della legge.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizione delle discipline olistiche per la salute e istituzione della figura professionale di operatore).
1. Sono definite discipline olistiche per la salute (DOS) quelle discipline che operano allo scopo di sostenere, mantenere e migliorare lo stato di salute della persona, attraverso specifiche metodiche volte a stimolare e a rinforzare in modo non invasivo le risorse naturali del soggetto utente. Le DOS non si prefiggono la cura di specifiche patologie e non sono riconducibili alle attività di cura e di riabilitazione fisica e psichica erogate dai servizi sanitari.
2. È istituita la figura professionale di operatore di DOS, il cui profilo è basato su:
          a) l’approccio olistico alla persona e alla sua condizione;
          b) la promozione della salute e il miglioramento della qualità della vita, conseguibili mediante la stimolazione delle risorse naturali della persona secondo le metodiche specifiche di ogni disciplina;
          c) l’educazione a stili di vita salubri e rispettosi dell’ambiente;
          d) la non interferenza nel rapporto tra medici e pazienti e l’astensione dal ricorso alla prescrizione di farmaci di qualsiasi tipo, in quanto estranei al proprio ambito di competenza.
Art. 2.
(Istituzione dell’elenco nazionale delle DOS).

  1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito l’elenco nazionale delle DOS, comprendente le seguenti discipline: shiatsu, naturopatia, reflessologia plantare, prano-pratica, craniosacrale, yoga, tai ji, qi gong, counseling olistico, kinesiologia, reiki, watsu e floripratica.
  2. La Commissione di cui all’articolo 3, entro dodici mesi dalla sua istituzione, determina i profili e gli ambiti di competenza delle figure professionali degli operatori delle discipline di cui al comma 1, sentito il parere delle rispettive associazioni nazionali di cui all’articolo 3, comma 3, lettera e).

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute, su proposta della Commissione di cui all’articolo 3, con proprio decreto, provvede all’aggiornamento annuale dell’elenco nazionale delle DOS ai fini dell’iscrizione nel medesimo elenco di altre DOS.
Art. 3.
(Commissione nazionale per le DOS).
1. È istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Commissione nazionale per le DOS, di seguito denominata «Commissione».
2. La Commissione svolge i seguenti compiti:
          a) definisce gli ambiti operativi e i profili professionali relativi alle singole discipline;
          b) definisce gli iter formativi delle singole discipline e, in particolare, i criteri generali per l’adozione degli ordinamenti didattici dei corsi di formazione, i criteri e i gradi della formazione e i contenuti dei corsi di formazione;
          c) di intesa con le associazioni nazionali di cui al comma 3, lettera e), definisce i metodi per il controllo della correttezza dell’attività professionale, adottando a tale fine un apposito regolamento;
          d) di intesa con le associazioni nazionali di cui al comma 3, lettera e), stabilisce le modalità e i criteri per l’aggiornamento formativo degli operatori di DOS;
          e) stabilisce le disposizioni per la tenuta di un registro dei docenti, nonché i requisiti per l’accreditamento e la formazione dei docenti e dei responsabili didattici presso gli enti di formazione;
          f) definisce i requisiti per l’accreditamento degli istituti di formazione pubblici e privati di cui all’articolo 4, previo parere delle associazioni nazionali di cui al comma 3, lettera e), del presente articolo;
          g) definisce i criteri e le modalità per il riconoscimento dei titoli acquisiti in Italia e all’estero precedentemente e nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge;
          h) determina i criteri di riconoscimento degli attuali operatori di DOS e delle iniziative formative in corso alla data di entrata in vigore della presente legge;
          i) esprime al Ministero dell’università e della ricerca parere obbligatorio per l’equipollenza dei titoli di studio conseguiti all’estero ai fini dell’esercizio della professione di operatore di DOS;
          l) effettua ogni anno attività di monitoraggio delle DOS, valutando la validità delle discipline emergenti ai fini del loro riconoscimento e del conseguente inserimento nell’elenco nazionale di cui all’articolo 2;
          m) promuove, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le ragioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l’adozione di criteri atti a favorire la formazione e lo svolgimento della professione di operatore di DOS nelle singole regioni;
          n) promuove e vigila sulla corretta divulgazione delle DOS, stabilendo, altresì, i criteri per garantire una corretta pubblicità delle medesime discipline.
3. La Commissione è composta dai seguenti membri, nominati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di intesa con il Ministro della salute:
          a) un rappresentante del Ministero dell’università e della ricerca, con funzioni di presidente;
          b) un rappresentante del Ministero della salute;
          c) un rappresentante delle regioni designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
          d) un rappresentate designato dal Tribunale per i diritti del malato;
          e) tre rappresentanti espressi dalle associazioni degli operatori di DOS di rilevanza nazionale, presenti in almeno cinque regioni e aventi almeno quattro anni di attività, dotate di rappresentatività, di democrazia interna, nonché di un codice di deontologia professionale a garanzia della qualità e della correttezza professionali dei propri iscritti nei confronti dell’utente;
          f) un rappresentante designato dagli organismi di rappresentanza dei consumatori e degli utenti;
          g) tre rappresentanti espressi dagli enti di formazione o dalle associazioni di enti di formazione in DOS di rilevanza nazionale, presenti in almeno cinque regioni e aventi almeno quattro anni di attività, dotati di rappresentatività, di democrazia interna, nonché di un codice di deontologia professionale a garanzia della qualità e della correttezza professionali dei propri iscritti nei confronti dell’utente.
4. La Commissione è rinnovata ogni tre anni e la sua attività è disciplinata da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa.

5. Le spese di funzionamento della Commissione sono poste a carico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. È istituito un tavolo di consultazione a cui partecipa un rappresentante di ciascuna associazione degli operatori di DOS e un rappresentante di ciascun ente di formazione o associazione di enti di formazione di rilevanza nazionale di cui al comma 3, lettere e) e g).

Art. 4. (Formazione).

La formazione dell’operatore di DOS è di competenza degli enti pubblici e privati accreditati ai sensi del comma 2.

2. Ai fini dell’accreditamento di cui al comma 1, gli enti pubblici e privati di formazione devono comprovare almeno tre anni di attività di formazione nel settore e nella disciplina di riferimento, devono disporre di un corpo docente in possesso dei requisiti stabiliti dalla Commissione ai sensi dell’articolo 3, comma 2, lettera e), e devono altresì possedere i requisiti definiti, ai sensi del medesimo articolo 3, comma 2, lettera f), dalla Commissione.

3. Gli iter formativi delle singole discipline sono stabiliti dalla Commissione, tenuto conto delle indicazioni espresse dalle associazioni nazionali di cui all’articolo 3, comma 2, lettera e).
4. I corsi di formazione per operatore di DOS hanno una durata minima triennale e il monte ore comprende un tirocinio o stage pratico pari ad almeno il 30 per cento della formazione. L’accesso ai corsi è vincolato al possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titoli equipollenti.
5. I corsi di formazione per operatore di DOS possono essere cofinanziati dalle regioni che annualmente determinano i relativi criteri e i modi di finanziamento, anche accedendo a progetti di formazione professionale previsti e cofinanziati dall’Unione europea.

Art. 5.
(Diploma di operatore di DOS e istituzione del Registro nazionale).

  1. Al termine dell’iter formativo svolto presso gli enti accreditati ai sensi dell’articolo 4 e previo superamento del relativo esame finale, agli allievi è rilasciato il diploma di operatore di DOS, che consente l’iscrizione presso il Registro nazionale di cui al comma 3 e abilita all’esercizio della professione.
  2. L’esame finale di cui al comma 1 è sostenuto da ogni allievo davanti ad una apposita commissione, la cui composizione è definita, entro due mesi dalla data di entrata in vigore dalla presente legge, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute.
  3. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituito il Registro nazionale degli operatori di DOS, alla cui tenuta e costante aggiornamento provvede lo stesso Ministero.
  4. Il Registro nazionale di cui al comma 3 è suddiviso in elenchi per le singole discipline riconosciute.

5. L’operatore di DOS può esercitare la propria attività professionale in forma subordinata, parasubordinata o autonoma.

Art. 6.
(Norme transitorie).
1. La qualifica professionale di operatore di DOS è riconosciuta ai soggetti che sono iscritti, alla data di entrata in vigore della presente legge, alle associazioni delle discipline determinate ai sensi dell’articolo 2, comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo.
2. I soggetti in possesso dei titoli previsti dalla presente legge e non iscritti alle associazioni di cui al comma 1 possono comunque presentare apposita richiesta al Ministro del lavoro e della previdenza sociale ai fini del riconoscimento della qualifica professionale di operatore di DOS.
Il riconoscimento è effettuato con provvedimento dello stesso Ministro, previo parere vincolante della Commissione.
3. Le iniziative formative in DOS già in corso alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere adeguate entro tre anni dalla medesima data alle disposizioni di cui alla stessa legge.

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